Caro Ottavio,
cercherò di ricavare dal tuo intervento l'aspetto positivo, consistente nella provocazione che si può leggere.
Infatti, sono più che convinto che il tuo proposito di farti amputare il braccio sia appunto una provocazione, ossia uno stimolo verso tutti noi e verso coloro i quali possono aiutarci a fare qualcosa di concreto per venirci in aiuto.
E' ovvio he l'amputazione non risolve nulla per il semplice motivo che il centro di produzione del dolore non è il braccio, ma la radice spinale lesa, ragion per cui qualsiasi mutilazione non intaccherebbe il meccanismo di produzione del dolore, ma semplicemente lo amplierebbe.
Sgombrato il campo da questo equivoco, il problema resta in tutta la sua gravità.
Anch'io a distanza di quattro anni, e più, soffro moltissimo ed ogni giorno il mio livello di sopportazione diminuisce, anch'io cerco disperatamente una soluzione al problema, ma finora non ho trovato la cosiddetta "quadratura del cerchio".
Infatti, da un lato esistono interventi più, o meno, invasivi per risolvere alla radice il problema (DREZ o l'innesto intramidollare di uno stimolatore elettrico), ma i rischi sono alti ed il rapporto costi - benefici è ancora sfavorevole.
Da un altro punto di vista i rimedi farmacologici (sperimentati per oltre tre anni) hanno effetti collaterali che diminuiscono di gran lunga la qualità della vita già compromessa dall'handicapp che ci portiamo dietro.
Pertanto, allo stato non resta altro da fare che sopportare, cercando pazientemente di tirare avanti, come hai fatto per tutto questo tempo, senza mollare mai.
E' ovvio che questo comportamento non deve essere fine a se stesso, ma finalizzato alla speranza che qualcuno, da qualche parte nel mondo trovi finalmente il rimedio che riesca a quadrare il cerchio: eliminare il dolore senza rischi e senza effetti collaterali.
Io vivo quotidianamente con questa speranza, mi appoggio alla realtà che mi circonda quando le forze mi vengono a mancare (mia moglie, i miei familiari, gli amici, il lavoro, le piccole occupazioni di tutti i giorni etc.) e vivo il mio disagio senza farlo pesare più di tanto, con dignità e compostezza, scansando la compassione altrui.
Non è certo facile la ricetta che ho trovato per resistere, ma fino ad oggi ha funzionato e spero che anche domani mi consenta di resistere in attesa che da qualche parte qualcuno ci offra una soluzione accettabile.
Mio caro amico (permettimi di chiamarti così, in virtù del comune destino) la vita con noi non è stata benigna, ma noi siamo più forti di qualsiasi sventura ci possa capitare, stringiamo i denti e battiamo la mala sorte con le armi che abbiamo: la forza di volontà e l'intelligenza.
In bocca al lupo e tieni duro.
Pietro